LA FIBROMIALGIA: MALATTIA REUMATICA O PSICOLOGICA?
LA FIBROMIALGIA: MALATTIA REUMATICA O PSICOLOGICA?
Si pensa al reumatismo ogni qualvolta è presente un dolore corporeo a carico dell’apparato osteo-artro- muscolare. La fibromialgia entrerebbe pieno titolo fra le malattie reumatiche, in quanto la sua caratteristica clinica più saliente è la presenza di dolore cronico diffuso. Vi è però una differenza sostanziale: l’assenza di un danno anatomopatologico che giustifichi la sintomatologia dolorosa.
La fibromialgia ha una sintomatologia caratterizzata soprattutto:
- da dolore cronico diffuso, stanchezza,
- disturbi del sonno, rigidità muscolare,
- disfunzioni cognitive,
Sintomi tali da indurre il paziente a recarsi frequentemente dal medico. A fronte di una sintomatologia soggettiva lamentata dal paziente come pervasiva che condiziona e modula in termini negativi ogni comune atto della giornata, il medico riscontra un soggetto in apparente buona salute. I più sofisticati e moderni esami strumentali di laboratorio non individuano mai importanti segni di danno organico.
In fondo la fibromialgia è ancora una malattia oscura. Anche se il medico si è documentato, in realtà l’intima essenza della malattia continua a sfuggirgli.
Attualmente l’habitus psichico del fibromialgia è stato sostanzialmente delineato.
- Si tratta di individui con incapacità di introspezioni e conseguenti cattive letture e gestione delle emozioni.
- Un’incapacità di abbandonare o meglio modificare uno stile di vita caratterizzato da investimento affettivo, sensi di colpa, eccessivo senso di responsabilità.
- Persone che devono costantemente appoggiarsi su familiari, amici, colleghi con inconsapevole dipendenza e con continua ricerca di conferma e verifiche dall’esterno per mantenere la propria autostima.
- Solitamente si tratta di individui che hanno vissuto in contesti depressivi, ad anaffettivi, coercitivi, invasivi, ansiogeni e traumatici.
- Tali ambienti sono stati in grado di minare in loro la fiducia di base e la sicurezza in se stessi, facendone derivare una personalità apparentemente resistente ma in realtà profondamente fragile.
- Quando sono esposti ad uno stress cronico, i meccanismi di difesa personale finiscono per cedere.
- Sono individui che non riescono a impermeabilizzarsi rispetto a situazioni di sofferenza cronica, per cui versano in un perenne stato di allarme interiore che innesca il disturbo dolorifico, con conseguente alterazione dell’architettura del sonno, quindi con aumento della fatica e infine della depressione.
È il tipico quadro di reazione allo stress cronico, in cui, a differenza di quello acuto, le cause determinanti sono sfumate. Coinvolgono la sfera intima dell’individuo e non sono completamente consce, poiché inquinate dai vari adattamenti che la psiche addotta per preservare la propria integrità e la sopravvivenza del soggetto.
Ne deriva un’alterazione dei neurotrasmettitori responsabili, a livello fisiopatologico, nell’innesco e nella persistenza dei sintomi. In pratica, il disagio generato da uno stress cronico indurrebbe inconsciamente l’individuo a proiettare sul corpo le sue conflittualità, così da creare dei sintomi che distolgono la sua attenzione dalla sofferenza psichica.
La malattia è considerata come il risultato dell’interazione tra fattori biologici, psicologici e socioculturali. Si instaurerebbe un meccanismo a feedback positivo in cui gli aspetti biologica influiscono sui fattori psicologici, come l’umore e sul contesto sociale, come le relazioni interpersonali e viceversa. Nessuna delle numerose variabili che lo compongono è in grado da sola di determinare e spiegare la malattia. La complessa dinamica dei fattori in gioco può essere così sintetizzata:
- Variabili biologiche. Una probabile predisposizione genetica sarebbe responsabile di un frequente riscontro nella fibromialgia di bassi livelli di serotonina e noradrenalina, nuerotrasmettitori che agiscono nelle vie di inibizione endogena discendente del dolore e responsabile di un abbassamento della soglia del dolore.
- Variabili psicologiche. È evidente che aspetti affettivi, caratteristiche soggettive, emozioni e fattori cognitivi affiancano il dolore. Queste variabili sarebbero coinvolte nell’ elaborazione dello stimolo doloroso e quindi nel modo di percepirlo, a volte con clamorose incongruenze dall’effettivo danno esistente e la percezione dolorosa da parte del paziente.
- Variabili socioculturali. Le esperienze negative dell’infanzia soprattutto nell’abuso fisico o psicologico, sono eventi spesso presenti nella storia del fibromialgico. Tale condizione indurrà poi nell’adulto una maggiore vulnerabilità allo stress quotidiano e una maggiore influenza degli aspetti cognitivi, affettivi e comportamentali dell’esperienza dolorosa. La focalizzazione dell’attenzione sul dolore permetterebbe a tali soggetti la distrazione dall’evento traumatico infantile.
Tra le varie figure professionali coinvolte, emerge sempre più quella del psicologo clinico, in grado di contribuire a un modello integrato di trattamento secondo un’ottica psicosomatica.
L’essere umano è un tutto unitario, dove la malattia si manifesta, a livello organico, come sintomo e, a livello psicologico, come disagio. Pertanto non viene focalizzata solamente la manifestazione fisiologica della malattia, ma anche l’aspetto emotivo che l’accompagna.
L’approccio multimodale,
Associa al trattamento farmacologico quello psicoeducativo, è in grado di garantire risultati migliori (Toussaint et al.2010). Questo approccio, oltre a curare il sintomo, si prefigge lo scopo di diminuire la sofferenza psicologica. La figura del medico continua a mantenere una notevole importanza nella gestione della malattia che può essere associata o secondaria a numerose patologie anche pericolose. Ne deriva la necessità di formulare adeguate diagnosi differenziali.
L’affezione necessità di un trattamento su più livelli:
- psicoeducativo: indicazione sull’igiene di vita e del sonno un’adeguata attività fisica una corretta alimentazione, istruzioni al paziente e alla famiglia per un azione di contrasto al catastrofismo e alla alessetimia.
- Una terapia cognitivo comportamentale.
- Metabolizzare la consapevolezza che la fibromialgia anche se in alcuni casi può indurre una sintomatologia particolarmente penosa, in realtà è una malattia che non provocherà danni all’organismo.
I sintomi che si percepiscono sono reali, anche se non sono determinati da una malattia organica. I meccanismi e la fisiopatologia delle alterazioni che ne sono responsabili sono stati sufficientemente identificati. Non è giustificato un comportamento passivo e rassegnato, la fibromialgia non è una malattia incurabile, è un’affezione cronica caratterizzata da remissione e ricadute, ma adeguandosi alle istruzioni degli specialisti (attività fisica, trattamento psicologico, eventuali farmaci) si può ottenere una condizione di stabile benessere.
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