Come parlare agli adolescenti intransigenti
Fino a ieri si chiamava new generation: i nuovi adolescenti che si affacciavano alla vita, 10-15 anni fa, in un mondo tecnologico molto diverso da quello delle generazioni precedenti, con possibilità impensabili anche solo vent’anni prima. Ma tutto cambia sempre più velocemente e oggi per questa fascia di età è già stato formulato un nuovo nome, cambiando solo una vocale: now generation.
Sono le parole più adatte per descrivere l’ adolescenza attuale: la generazione dell’adesso.
Figli intransigenti
La tendenza a non saper modulare le richieste e le opinioni, tipica dell’adolescenza, è diventata nel giro di pochi anni una vera e propria intransigenza verso il mondo adulto e più in generale verso la vita. Sono i cosiddetti ” figli-padroni” che, chiusi in se stessi e al contempo aggressivi, tengono in scacco intere famiglie. Non parlano di sé, non gli si può chiedere niente, non si interessano della famiglia né della società, pretendono di continuo. Come i padri-padroni di un tempo, non vogliono sentire ragioni: criticano, urlano, comandano e hanno scatti d’ira molto forti.
L’ adolescenza di oggi è “arrabbiata a priori”. Ce l’ha con tutto e tutti: con igenitori, con le istituzioni, col sistema, con qualsiasi autorità. Ma non sa il perché. Sono arrabbiati perché non hanno un confronto reale e costante con gli adulti, perché avrebbero bisogno di un “drago” sano e concreto da affrontare, ma non c’è. Saperlo incarnare in modo adeguato è il compito maggiore degli adulti. E se ci connettessimo di più con loro invece di lasciarli “on line” per ore e ore? E se comprendessimo che “realizzare noi stessi” significa anche avere un rapporto vero con i nostri figli?
Identikit del figlio padrone
– Sfida tutto a muso duro (specie dai 14 ai 25 anni)
– Appare sempre imbronciato, non sorride mai (in casa).
– Critica e accusa i genitori, spesso senza veri motivi.
– Non sa discutere e ha frequenti scatti d’ira.
– È in conflitto totale col padre, alterno con la madre.
– Prova sfiducia verso il mondo adulto.
– Ha un’enorme avversione per l’ordine costituito.
Come comportarsi con un figlio “difficile”
– Aiutate la loro creatività.
I figli non sono vasi vuoti da riempire. Al contrario, hanno ognuno un talento da esprimere. Ma se non trovano intorno a sé un terreno adeguato per farlo, finiscono per implodere. Negli adolescenti più problematici quindi, la ribellione è un segno positivo di vitalità. Invece di condannarla, i genitori devono ascoltarla, perché anche il figlio impari col tempo a gestirla e usarla per trovare la propria strada nella vita.
– Non dategli consigli
Non li ascolteranno mai. Quando sarà in difficoltà forse verrà da voi, o da uno di voi. È lì che potete aiutarlo. Senza criticarlo, evitando il fatidico “te l’avevo detto”, fatelo parlare. Chiedetegli come si sente, di cose sente bisogno. Poi parlatene senza esercitare autorità. Sarete autorevoli.
– Nascondete l’ansia
Certo, la vostra preoccupazione lo fa sentire importante e amato, ma in un modo che non è sano. Non mostrate che siete in ansia per lui, né che state soffrendo. Sarà più facile anche per lui cercare un dialogo diverso.
– Usate sorriso e ironia
Anche se costa fatica, portate un po’ di leggerezza: qualche scherzo, battute, sorrisi. Ironia e autoironia. Se vi vede ridere, si sentirà spiazzato e incuriosito.
COME UTILIZZARE I RIMPROVERI
I rimproveri sono feed-back, ossia un’informazione che stiamo dando al nostro bambino sul suo comportamento: “Guarda che quello che stai facendo non va bene”. Intesi in questo senso i rimproveri sono uno degli strumenti più immediati e validi di cui possiamo servirci per educare i nostri figli.
Essendo accompagnati da un tono risentito e da un’espressione accigliata costituiscono anche una punizione: “Se fai così non mi piaci”; ecco perché per i bimbi più piccoli, molto sensibili alla nostra approvazione, essere rimproverati costituisce anche un piccolo affronto.
- Fanno male alla loro autostima? Fatti nel modo giusto, NO
I problemi che i rimproveri pongono ai genitori sono essenzialmente due: il primo è la loro inefficacia. Per molti dei nostri bambini un rimprovero entra da un orecchio ed esce dall’altro. Il secondo punto è il dubbio che siano controproducenti: è vero che fanno male alla loro autostima? Di sicuro il ricorso eccessivo e improprio ai rimproveri può sortire un effetto svalutante sia sul bambino sia sul genitore: se siamo costretti a riprenderli continuamente significa che non siamo capaci di esercitare quel minimo di autorità che dovrebbe indurli a obbedire, senza costringerci ad alzare la voce o a ripetere le stesse cose, magari infinite volte. Ma da questo a dire che non dobbiamo mai rimproverarli, ce ne corre…
- Il rimprovero deve essere un’eccezione
Se il bambino viene continuamente rimproverato, paradossalmente è come se non lo fosse mai. Un atteggiamento da “troppo o nulla” dà gli stessi effetti. Ecco perché dobbiamo limitare i richiami alle occasioni che davvero lo meritano e imparare a contare fino a 100 per tutte le altre. Quindi come prima cosa impariamo a scegliere cosa merita il nostro intervento e cosa no!
- Cerca di non urlare
Un messaggio a voce alta spaventerà i bambini più piccoli, ma non avrà alcun effetto sui ragazzi più grandi. I bimbi, nel tempo, si abituano alle urla che non fanno loro né caldo né freddo. Peggio ancora… impareranno che la mamma strilla quando si sente debole e quindi se ne approfitteranno, rincarando la dose.
- Evita le discussioni
Dobbiamo essere brevi e concisi e andare dritto al cuore del problema: che cosa ci ha dato fastidio? Cosa c’è di sbagliato? Evitiamo di ritirare in ballo altri comportamenti sbagliati, allargando il discorso, ad esempio e “Sappi che non mi è piaciuto neanche…” o di riferirci a eventi già passati “Come l’altra volta quando…”. Evitiamo anche prediche o discorsi generali che ai nostri figli non interessano e che diluiscono l’efficacia di quello che diciamo.
- Il tono giusto? Fermo e pacato
Per tenere a bada la tensione e la stizza che ti stimolano, minaccia e poi mantieni una punizione ragionevole, ad esempio: va bene niente TV per una settimana. Se neanche questo sortisce effetti passa ai fatti: spegni il computer, sequestra il gioco elettronico o il cellulare. Capiranno che fai sul serio. Ma devi tenere il punto!
- Critichiamo solo ciò che fa
Deve sempre essere chiaro che quello che non va non è il suo modo di essere, ma il suo modo di comportarsi. Partendo da questo presupposto mordiamoci la lingua e teniamo a freno tutte le possibili espressioni offensive che sull’onda della rabbia e dell’impotenza possono sfuggirci come, ad esempio: “Sei uno stupido, non capisci niente, sei inaffidabile”. Proviamo, invece, a dire “Hai fatto una stupidaggine”, “Non mi ascolti, hai tradito la mia fiducia…”. E una volta sbollita la rabbia a provare a spiegargli, se non gli fosse chiaro, perché te la sei presa tanto o perché è grave ciò che ha fatto.
- Dopo, mai tenere il muso
Una volta esaurito il rimprovero, evitiamo di tornare sull’accaduto e di fargliela pagare assumendo un atteggiamento distante, sostenuto o offeso se non addirittura aggressivo. Questo disturba il nostro bambino molto più della sgridata in sé. Dopo aver chiarito, non mostriamoci emotivamente alterati; e se serve allontaniamoci fisicamente finché l’irritazione non sbollisce.