Gestire efficacemente la propria mente: terapia ACT

 Uno dei principali obiettivi in terapia ACT è lo sviluppo di abilità psicologiche

per gestire la propria mente in modo più efficiente.

Psicoeducazione riguardo alla natura della mente.

Una breve discussione sulle due parti della mente: il “Se Pensante” e il “Se osservante”.

Nel lavoro terapeutico con la parola mente si intende il se Pensante, la parte riflessiva  nella propria testa, che non tace mai.

Riesci a notare questo chiacchiericcio ora?

Cosa ti sta dicendo la tua mente?

  1. Partiamo da alcuni pensieri dolorosi e inutili che ci intrappolano e rendono la vita più difficile.

La mente umana si è voluta pensando negativamente. I nostri antenati vivevano in un mondo di costanti pericoli, la mente doveva costantemente  stare attenta ai pericoli, anticipando qualsiasi cosa potesse causare del male. Questo è ciò che abbiamo ereditato dai nostri antenati. La nostra mente moderna è fondamentalmente una macchina salvavita. Questo è normale, si è voluta a pensare negativamente per proteggerci e mantenerci in vita.

  1. Il prossimo passo è riproporre alcuni dei pensieri, chiarire quanto costa rimanere intrappolati
  2. Inseguito imparare un nuovo modo di considerarli.

Lo scopo della terapia ACT :

  • E’ vedere la vera natura dei pensieri. Questi non sono nulla di più che parole e immagine.
  • Rispondere ai pensieri in termini di utilità e non in modo letterale.
  • Imparare in modo esperienziale che i nostri pensieri non controllano le nostre azioni

Il metodo utilizzato:

  1. notare il processo del pensare.

Diventa necessario usare questo metodo quando i pensieri rappresentano delle barriere per vivere una vita di valore.

  • Fusione: significa rimanere intrappolati nei nostri pensieri e permettere ad essi di dominare il nostro comportamento.

Chiediamo di notare quando siamo fusi con i propri pensieri e quando siamo distanti da essi.

In questo momento quanto sei intrappolato in questo pensiero?

Hai notato come la tua mente ti appena agganciato?

Dando giudizi, che non sono utili.

Ma se ci fondiamo con essi ci troviamo presto in lotta e sofferenti.

L’ansia è terribile, Sono troppo grasso. Essere respinti o non ascoltati è insopportabile. Lei/lui è così egoista, vita fa schifo.

Si può essere fusi con il passato, quando si rimugina su vecchi dolori, fallimenti, sbagli opportunità perdute.

Si può essere fusi con il futuro, quando si fantastica una vita migliore, si è preoccupati di qualcosa che succederà.

Come attivare la defusione

  1. Preparare l’umore per la diffusione, inizialmente richiamando alcuni pensieri o ricordi dolorosi, in cui si è intrappolati o con i quali si sta lottando.
  • Defusione: significa separarsi o prendere distanza dai nostri pensieri, lasciarli andare e venire senza rimanere intrappolati in essi.

 

La defusione è il focus centrale dell’Act.

Notare i propri pensieri:

Cosa ti sta dicendo ora la tua mente?

Cosa dice il tuo se Pensante riguardo a ciò?  

Cosa stai pensando proprio adesso?  Cosa sta facendo la tua mente?

Chiediamo di guardare la funzionalità dei loro pensieri.

Questo è un pensiero utile?

Se ti aggrappi adesso ti aiuterà a risolvere la situazione in modo efficace?

Se lasci che quel pensiero ti dica cosa fare, ti porterà verso una vita piena e significativa o a essere bloccato e sofferente?

Se interrompiamo questa rierca solo perché la tua mente ti dice che non funzionerà, ti aiuterà a cambiare la tua vita o ti terrà solo bloccato?  

Abbiamo iniziato la terapia identificando i valori e definendo specifici obiettivi, possiamo fare queste domande

cos’è che ti sta mettendo fra te e il fatto di agire?

Cosa ti frena dall’agire verso i tuoi valori raggiungendo gli obiettivi della persona che desideri essere o costruire le relazioni che vuoi?

Cosa ti dice la tua mente che ti blocca e rende la tua vita difficile?

Se  ogni tentativo di chiarire i valori incontra un ostacolo.

La defusione è un’ottima scelta per il primo passo.

Probabilmente ti starai chiedendo qual è l’alternativa se tentare di sbarazzarsi di questi pensieri non funziona?

Identificare la fusione.

Che tipo di regole rigide possiedi riguardo alla vita, il lavoro la relazione?

Cerchiamo le regole:

Come abbiamo bisogno di sentirci prima di riuscire ad agire.

Facciamo attenzione alle parole come: dovrei, sono in obbligo, giusto, sbagliato, non posso. Se mi sento così non posso fare questa cosa. Queste regole creano solitamente molta sofferenza se ci si trova in fusione  con esse.

Non posso mangiare quando sono ansioso. Se non riesco a farlo perfettamente non ha senso provare. Gli altri dovrebbero fare ciò che ho detto loro.

Evidenziare i motivi dell’impossibilità di un cambiamento.

Spesso siamo  bravissimi a restare intrappolati nelle ragioni per le quali non possiamo o non riusciamo a cambiare:

 sono troppo stanco, impegnato o ansioso, potrei sbagliare, è troppo difficile, mi arrabbio se non mi ascoltano, mi sentirò male, sono sempre stato così.

L’Immaginazione in terapia

L’immaginazione.

Quando siamo emotivamente turbati, la mente viene attraversata da pensieri sconvolgenti, che possono assumere la forma  di parole o ancora di immagini o di sensazioni corporee.

In base alla  teoria dell’ equivalenza funzionale:

Immaginare di compiere un’azione o svolgerla effettivamente prevede il coinvolgimento dei medesimi processi neurali.

 Gli aspetti psicologici

 L’immaginazione ci permette:

  • di accedere ai ricordi e a nuove prospettive, altrimenti inaccessibili se ci limitassimo a parlarne.
  • ci aiuta a dare un senso ad alcuni aspetti della  vita che  appaiono confusi, ad esempio il legame tra i problemi attuali e le proprie esperienze infantile
  • di modificare le reazioni emozionale dinanzi a situazioni analoghe che potrebbero presentarsi in futuro.

Allora è utile porre domande socratiche ben strutturate, che aiutano a  riflettere sulle esperienze del passato da una nuova prospettiva.

  • Come avrebbe voluto essere?
  • Che cosa sa, ora, rispetto a quanto sapeva allora?

Il terapeuta  aiuta il paziente ad abbozzare nuovi modi di essere, attraverso assunzioni, credenze ed emozioni  inaspettate.

Per chi è intimorito dalle immagini angoscianti, occorre creare l’immagine di un posto sicuro :

  • immagini di trovarsi in un posto in cui si sente al sicuro a proprio agio, completamente rilassato, dove può essere se stesso e sentirsi tranquillo.
  • Lasci che questo luogo prenda forma, diventando sempre più nitido. Riesci a visualizzarlo?
  • Dove si trova? C’è qualcun altro?

Descrivere ciò che vede e ciò che sente.

Lo  strumento terapeutico principale è il processo di scoperta guidata che facilita l’evocazione, l’esplorazione la contestualizzazione e la trasformazione dell’immagine negative.

Esempi con pazienti  socialmente ansiosi,

Cosa sta succedendo con le persone che l’ascoltano?

  • Come la fa sentire questo?
  • Come reagiscono gli altri?
  • Quali regole o quali nuovi principi operativi ha adottato?
  • Quali sono le sue credenze su se stessi e sugli altri?

Ora chiuda gli occhi immagini di reagire in modo efficace. È opportuno sfruttare al meglio l’esperienza

Non occorre forzare l’immagine, lasci soltanto che questa affiori nella propria mente.

  • Che cosa succede? Cosa vede?
  • Che atmosfera c’è? Sono presenti altre persone?
  • Cosa stanno dicendo? Che cosa prova?
  • In quale parte del corpo senti queste sensazioni?
  • Avverte la presenza di suoni di sapori e di odori?
  • In che modo le cose sono diverse da prima?
  • Cosa significa tutto questo riguardo a lei, al mondo e alle altre persone?
  • Cosa hai imparato di più su di sé?

Ritorni mentalmente alla settimana scorsa, quando era al supermercato e si sentiva terrorizzato

cosa le passava per la mente?

Come lo immaginava?

Qual è stato il primo segnale che c’era qualcosa che non andava?

Scrittura terapeutica

Lenire il trauma con la scrittura 

Dopo un evento traumatico, l’angoscia e le ruminazioni avvelenano spesso l’esistenza.

Mettere per iscritto ciò che si sente e si immagina porta benefici insospettati. Dalla metà degli anni 80 l’uso terapeutico della scrittura trova un’autentica validazione scientifica grazie agli studi pioneristici dello psicologo statunitense Pennen Baker.

Uno dei studi, su 80 persone traumatizzate prevedeva la scrittura di tutti i pensieri legati all’evento per 20 minuti, per 4 giorni consecutivi. Il confronto con il gruppo di controllo ha rivelato una diminuzione significativa di stress e ansia, con minore assenteismo dal lavoro.

La scrittura espressiva nome della tecnica è dunque non strumento per migliorare la salute psichica. Non migliora solo la mente, bensì tutto il corpo, includono per esempio miglioramenti della pressione arteriosa e nel funzionamento del sistema immunitario.

 Come agisce la scrittura?

Gli avvenimenti che fatichiamo a sopportare ci spingono spesso a occultare i pensieri, le emozioni e i comportamenti associati, provocando uno stress permanente, fonte a sua volta di malessere psicologico. Mettere gli eventi nero su bianco, aiutano ad eliminare questa inibizione e a ridurne gli effetti negativi.

Non basta scaricare le emozioni negative, occorre anche raggiungere una certa strutturazione narrativa.

Un allenamento psichico, l’operatore guida lo scrittore  per farlo uscire dalla ripetizione in cui è prigioniero. Una seduta rigorosamente organizzata con un tempo di scrittura e di discussione. Immaginando dialoghi, spesso con esercizi che muovono fortemente l’immaginario, per aggirare le proprie difese psichiche, mettendo in moto la creatività, per l’avvio di un miglioramento della salute mentale e di un allontanamento del dolore.

Esercizi come scrivere tutti i ricordi a cui si riesce a pensare in una mezz’ora, e lavorare poi su quelli slegati dal trauma forniscono alla mente materiale prezioso per  seguire il percorso del pensiero che si ricostruisce, diventando capace di simbolizzare,  tenendo a distanza i problemi. Negli scritti osserviamo anche l’evoluzione di emozioni positive e negative o delle relazioni con gli altri.

 I ricercatori hanno riunito una sessantina di studenti che dopo un trauma, spesso la morte di un parente, soffrivano di certi sintomi, con la tendenza a rivivere gli eventi dolorosi, evitando tutto ciò che li  riattiva. I partecipanti dovevano scrivere dell’evento difficile, in quattro sedute di 15 minuti suddivisi in due settimane. I ricercatori hanno misurato l’evoluzione dei loro sintomi partendo da uno stress post traumatico. 

Sei settimane più tardi,  un miglioramento psicologico si poteva osservare nelle vittime di traumi;  oltre ad aiutare il paziente a uscire dalla ruminazione, riemergeva la riscoperta del piacere nel concentrarsi sull’azione di scrivere e sul modo in cui  ogni parte del suo corpo era implicato. Facilitando il flusso dei pensieri che si depositavano sul foglio senza autocensura per ritrovarsi liberato. A poco poco lo stress e le ruminazioni si attenuavano, riscoprendo una  diversità di attività e di pensieri.

Tutor per DSA e difficoltà di apprendimento

Le difficoltà di apprendimento interessano uno specifico dominio di abilità :lettura, scrittura, calcolo, lasciando inalterato il funzionamento intellettivo generale.

Vengono definiti Disturbi Specifici dell’apprendimento e  classificati come dislessia, disortografia, disgrafia, discalculia.

Presentano anche difficoltà di memoria, concentrazione e disturbi del linguaggio più o meno evidenti.

A questi si aggiungono i BES, ossia quella fascia di studenti che presentano un funzionamento intellettivo limite che impatta tutte le materie scolastiche.

La figura del tutor dell’apprendimento, può  supportare in modo specialistico e competente i bambini e ragazzi con già un inquadramento diagnostico.

La capacità di leggere e tradurre in strategie operative, necessaria al fine di costruire un metodo di studio ad hoc per il ragazzo e dall’altra comprendere quali strumenti compensativi (elettronici, mappe, sintesi vocali…) è preferibile adottare rispetto ad altri.

 Tutor svolge il ruolo di facilitatore e guida per i processi di apprendimento, di promozione dell’autonomia e di mediazione nei rapporti famiglia-scuola.

 

Ruolo del Tutor

 

– La presa in carico emotiva del bambino e della sua famiglia;

– Mantiene i contatti e aggiorna  la famiglia e la scuola (ruolo di mediatore);

– Strategie metodologiche, didattiche e forme di interazioni per alunni DSA: intervento sulla prestazione, sulle abilità dominio-generali, interventi strategici e meta-cognitivi.

 

 

Apprendimento della lingua scritta

– Strumenti e strategie per leggere;

– La comprensione del testo: strategie per favorire il processo di comprensione;

– Come affrontare la stesura di un testo;

– Esercitazione pratica sugli strumenti informatici compensativi (sintesi vocali) per facilitare la lettura e la scrittura.

 

Apprendimento della matematica

– La discalculia e l’area logico-matematica;

– Strumenti compensativi

– Strategie di studio e modalità di apprendimento nell’area logico-matematica

– Modalità di approccio e strategie per la soluzione del problema aritmetico e del problema geometrico.

 

Lo studio: come affrontarlo

– Metodo di studio: fasi dello studio efficace e difficoltà DSA. Costruire un proprio metodo di studio;

– Mappe: dalla teoria alla pratica delle diverse tipologie: quando e come usarle;;

– Esercitazione pratica con strumenti informatici per la costruzione di mappe delle tipologie apprese con difficoltà crescente in diverse materie di studio.

 

Lingua straniera: come affrontarla

– Apprendimento delle lingue straniere , difficoltà e strategie;

– Strumenti compensativi per lingue straniere e  come usarli.

 

 

 

Come gestire l’Ansia

COME GESTIRE L’ANSIA

Innanzitutto le emozioni non “capitano”: sono sempre la conseguenza di ciò che immaginiamo o ciò che ci diciamo mentalmente, vengono influenzate anche dai profumi, sapori, suoni, ecc. ma oggi mi concentro solo sui primi due.

L ‘Esempio di chi deve effettuare un interrogazione o un esame e si chiede: “ Come mai mi sento sempre in ansia?”

Anche se il mio prof. di italiano mi diceva che non si risponde ad una domanda con un’altra domanda, ti voglio far ragionare:

  • Cosa stai facendo per generare quell’ansia?
  •  Cosa stai immaginando?
  • Cosa ti stai dicendo?

Infatti questo è il punto: l’ansia non capita! La generi. Come?

  1. Spostando la tua attenzione nel futuro e pre-occupandoti, ossia occupandoti prima di qualcosa che forse accadrà poi.
  2. La “genialità” di chi si pre-occupa sta nell’immaginarsi come tutto possa andare storto: sbaglio il colpo, il professore mi fa la domanda che non so, il datore di lavoro mi mette in difficoltà, i clienti mi fanno obiezioni a cui non so rispondere, ecc.
  3. Ma non è finita qui. A questo punto caliamo il carico da undici e parte la vocina interna: 

          “e se non sono all’altezza delle aspettative?”,“se mi boccia ho buttato via 8 mesi”“se fallisco oggi non avrò più possibilità in questo ambiente”

      4. Ci sono i veggenti che leggono nella palla di cristallo“so già che andrà male”“tanto quel cliente non comprerà mai”“non riusciremo mai a vincere                  contro di loro in queste condizioni”

Dopo un po’ di queste attività, come dicevo, stranamente si crea ansia…

Allora cosa fare in questi casi?

Ecco tre semplici passi che uso sempre quando la situazione si fa impegnativa.

  1. STOP!

Fermati
Per citare un mio allenatore di pallavolo: “giocare veloce è diverso da giocare in fretta!”. Infatti nella fretta c’è stress, non sei in controllo dei tuoi pensieri. In queste situazioni hai bisogno di fermarti un attimo e:

– se ti stai facendo dei film mentali stupidi, smettila! Rimpicciolisci le immagini come se le stessi guardando dallo schermo del cellulare, mettile in bianco e neroallontanale in modo da vederle a fatica. Sintonizzati su un altro canale! Già che ti fai dei film, mi sembra più furbo guardare quelli che ti piacciono e non quelli che ti spaventano.

2) RESPIRA! 
Cambia la tua postura e prendi un bel respiro profondo: dai ossigeno al tuo cervello. Magari aggiungi anche un bel sorriso e sostanze come la serotonina inizieranno a nuotare nel tuo organismo cambiando decisamente il tuo stato d’animo. Manna dal cielo!

3 ) RISOLVI
Solo a questo punto guarda la situazione da nuove prospettive e focalizzati sulle possibili soluzioni. Invece di subire la situazione, agisci.

Di solito penso al mio collega e amico  che, nelle situazioni critiche, entra nell’identità di un personaggio   e ripete: “Sono il signor Wolf: risolvo problemi!”

SINTOMI GASTRICI

Il grande “No” dello Stomaco chiuso.

Quando arriva un sintomo gastrico diventa difficile fare qualsiasi cosa: nausea, bruciore e digestione lenta, influenzano l’intera nostra persona

Segnali che parlano di emozioni in conflitto: ansia, rabbia, sconforto sono variabili da considerare, per imparare a digerire meglio la vita. 

Lo stomaco si trova nella zona centrale dell’organismo, in collegamento nervoso con il cervello e più in generale con il sistema neurovegetativo e quindi anche con i centri che regolano le emozioni e lo stato d’animo di ogni momento.

Lo stomaco subisce ed esprime le emozioni e i pensieri che non riconosciamo o trascuriamo, ci consente di sentirle come se ci parlassero in modo diretto.

Per comprenderlo dobbiamo tenere presente che la mucosa gastrica è costituita da tessuto epiteliale, strutturato apposta per incontrare il mondo, per entrare in contatto con la realtà esterna. Contengono l’archetipo dell’incontro, della relazione con ciò che è altro da noi.

La mucosa gastrica è fatta per accogliere per far entrare nel nostro corpo qualcosa che sta fuori: il cibo la materia del mondo. È il luogo corporeo in cui si gioca la relazione, percepita come nutriente o come velenosa, nemica e non digeribile.

Possiamo cercare di ignorarlo, ma la sua volontà comunicativa è più forte e ci obbliga ad ascoltarlo.

Uno dei sintomi gastrici più diffusi: il cosiddetto stomaco chiuso, con la sensazione di una totale indisponibilità del corpo a ingerire cibo.

Si manifesta, in momenti e in contesti specifici, ma non in altri. E’ possibile che una persona lo provi quando si trova a tavola con i familiari. Però sente lo stomaco aperto quando è da solo o in compagnia di amici.

Ci sono situazioni in cui lo stomaco si chiude quando occorre partire per le vacanze o sottoporsi a un esame clinico o quando si avvicina un incontro importante.

Ci sono anche i casi in cui lo stomaco è sempre serrato, anche se non si tratta di anoressia.

Tuttavia la chiusura è da prendere in considerazione perchè ci sta dicendo qualcosa di importante. Innanzitutto sta esprimendo un grande rifiuto verso qualcosa. Un rifiuto che evidentemente, non riusciamo o non possiamo dire. 

Lo stomaco chiuso ci dice che siamo intimamente e fermamente indisponibili a incontrare uno più aspetti della realtà che in quel momento, in quel periodo in quel contesto, non ci piace ci disgusta, ci fa paura, ci avvelena.

Insomma per qualche motivo non riusciamo o non possiamo rifiutare.

Pensiamo ai tanti casi in cui le relazioni familiari sono tese e  conflittuali. Il pranzo e la cena possono diventare il momento in cui si esprime, attraverso lo stomaco il rifiuto della condivisione del cibo. Un’avversione verso la polemica e verso quelle relazioni irrisolte, evidentemente dolorose.

Se potesse parlare con il nostro linguaggio, lo stomaco chiuso direbbe “che non ha alcuna intenzione di stare in questa relazione, di sottoporsi a questo trattamento, di condividere il tempo e lo spazio, di affrontarle in questo modo, con queste persone sottoposto a giudizi”.

Questo sintomo raccoglie tanti tipi di rifiuto.

  1. E’ assolutamente necessario non lasciare al sintomo la soluzione del problema, perché esso è soltanto positivo, ma non propone nulla.
  2. Dobbiamo invece tradurre il sintomo e capire bene quale rifiuto si tratta.
  3. Poi individuare come portarlo nella realtà in modo sano e lineare, per risolverlo.
  4. Tradurre un sintomo, quando questo è leggibile, non è mai soltanto un fatto mentale, ma deve diventare esperienza concreta di cambiamento. 

Ansia e Covid : come affrontare lo stress da pandemia

L’ ANSIA come affrontarla

Non serve a nulla lamentarsi o combatterla: l’ansia tornerà sempre più forte. 

Occorre invece dargli spazio, perché è un farmaco: il suo scopo è farci crescere e diventare noi stessi

L’ansia ci paralizza perché vuole liberarci dalle nostre credenze o meglio è la nostra anima che la produce.  Da diverso tempo ci chiama e ci tormenta per essere ascoltata e invece  passiamo il tempo a lamentarci e a soffrire. 

Infatti pensiamo che tutto dipenda da noi :“soffriamo perché siamo estremamente responsabile di ogni cosa..  soffro per la pandemia…perché non so prendere decisioni, soffro perché i miei genitori mi hanno dato tutto… io me ne frego, soffro perché butto via i migliori anni e così via….”

 Un ego sovrabbondante e pervasivo è il protagonista solitario di questo monologo, come sul palcoscenico stiamo recitando il copione del dolore. Occupando tutto lo spazio, non si vede nient’altro che il proprio IO.

 Se pensi che la guarigione possa arrivare senza  ridurre il peso sovrabbondante del Io nella propria vita, siamo  fuori strada. 

Non decidiamo noi quando  l’ansia prende il sopravvento, o quando mandarla via, non decidiamo nulla. 

Se un disagio arriva c’è un senso che è simboleggiato perfettamente dal dolore percepito per esempio al petto o alla gola, che si aggiunge ad altri disturbi preesistenti. 

L’oppressione che sembra bloccarti il respiro è l’ennesimo tentativo della tua anima di farti orientare lo sguardo dall’esterno  al mondo interiore, dal modo in cui pensiamo di doverci comportare a quello che dovremmo fare davvero. 

 Quando l’anima è stanca, alza la sua intensità. Se non basta l’agitazione dell’ansia a scuoterci, si passa direttamente al corpo. Ecco emergere le sensazione di oppressione, effettivamente c’è qualcuno che ci opprime e siamo proprio noi o meglio il nostro Io

  • Occorre smettere di lamentarsi,  concentrandosi sul dolore quando arriva e mettersi in attesa. 
  • Lasciamo fare l’ansia: all’apparenza è un demone, ma a uno sguardo più profondo è un angelo che vuole ancora salvarci. 

Esercizio: quando sentiamo che l’ansia diventa un gran peso sul petto, come se qualcuno ci schiacciasse, 

  • sdraiamoci su un letto, 
  • chiudiamo gli occhi, e immaginiamo due grandi mani che schiacciano.
  •  Non resistere, non opporti, quel peso sta sgretolando le difese.
  •  Immagina che da dentro di noi, come compressa da secoli di prigionia, possa uscire  un aria pura, benefica rigenerante. 
  • Immaginiamoci nell’atto di respirarla profondamente, poi nutrendoci come se fosse latte materno.

Quando le decisioni creano angoscia

Occorre guardare i propri lati oscuri e le decisioni arriveranno da sole

I primi colloqui sono fondamentali per valutare le motivazione personali. Spesso i pazienti  vengono  in terapia con l’idea di farsi aiutare a non soffrire, a superare un problema, ma senza cambiare niente del proprio atteggiamento mentale e quindi della loro vita. “Desiderare il nuovo, ma non voler cambiare nulla.. Bramare una relazione appagante, ma subire  le lusinghe della vita comoda accanto al ragazzo o al marito che pensi di non amare più… Voler prendere in mano la propria vita, ma non sopportare lidea di deludere i propri genitori.”

 Non siamo la persona che crediamo e nemmeno quella che vorremmo essere. Proviamo invece a dirci che credevamo di non poter rimanere accanto una persona che non amiamo più, invece ci accorgiamo che lo sappiamo fare. Magari credevamo anche di non poterci innamorare di un altro, invece è accaduto.

 Non si tratta di tragedie, in verità ogni volta che scopriamo un lato nuovo di noi, è una buona giornata, anche se quello che scopriamo non ci piace.

 I lati “ombra” direbbe Jung, sono indispensabili per trovare la vera luce, cioè la direzione che dobbiamo imprimere alla nostra vita. Occorre entrare nelle tenebre, come fece Dante nella Divina Commedia, per ritrovarci e rinascere, quando siamo in crisi. Il Sommo poeta iniziò la sua grande opera perché stava perdendo la fede e per un uomo del suo tempo era un enorme problema.

 Occorre chiederci quale fede stiamo perdendo?

Forse stiamo perdendo la fede nell’immagine che vogliamo dare al mondo: di una persona perbene, che ha una relazione stabile, che non fa soffrire nessuno, orgoglio di mamma e papà. Si tratta di una visione infantile di se stessi, che ammette solo le presunte qualità e nega i difetti. 

Qualsiasi visione manichea ci sta ingabbiando e ci rende incapaci di qualunque decisione. Rischia di farci perdere tutto ed è forse questo ad angosciarci maggiormente.

 La soluzione non sta nella decisione. 

  • Si tratta di contemplare le infinite contraddizioni che albergano nel nostro animo lasciandole esattamente così come sono. 
  • Non c’è da scegliere, da migliorare, da diventare più forti, sicuri. 
  • Occorre osservare con occhio aperto il mondo interno, la selva scura di Dante… Attendere che le parti che ci compongono, ora in lotta, smettano di guardarsi in cagnesco e comincino a parlarsi.
  •  Non si può farlo se continuiamo a pensare di dover scegliere la prima strada del bivio o la seconda. 
  • Se ci fermiamo e contempliamo, tutto andrà posto da sé.

GUARIRE L’ATTACCAMENTO INSICURO CON LE IMMAGINI.

GUARIRE L’ATTACCAMENTO INSICURO IN PSICOTERAPIA

CON L’AIUTO DI FIGURE GENITORIALI IDEALI IMMAGINATE

I trattamenti più efficaci per l’attaccamento insicuro includono il riconoscimento del ruolo essenziale svolto dalla sensazione percepita in uno stato di sintonizzazione empatica con gli altri significativi.

In Psicoterapia, la sintonizzazione serve per esprimere e rispecchiare modi di essere con lo scopo di aiutare i pazienti a sentirsi protetti e accuditi, visti e riconosciuti, valorizzati e apprezzati .

Nonostante tale intervento possa risultare molto utile, esistono dei limiti pratici a questa modalità di trattamento.

Le persone con uno stile di attaccamento insicuro presentano dei modelli operativi interni associati a una relazione in qualche modo problematica con i propri genitori durante l’infanzia.

Una relazione adulta, nuova e positiva, con uno Psicoterapeuta costituisce senza dubbio un elemento benefico, ma difficilmente potrà sostituirsi o cambiare efficacemente il modello operativo interno problematico.

Uno strumento complementare rispetto alla funzione del terapeuta è la “figura di attaccamento positiva” :

  • Consiste nell’utilizzo di immagini come le“figure genitoriali ideali” , finalizzato al raggiungimento di un attaccamento sicuro.
  • nel contesto di una relazione terapeutica , immagina di tornare bambino,
  • di provare le stesse sensazioni dell’infanzia, e di interagire con genitori immaginari che incarnano tutti quei modi di essere e di comportarsi percepiti come “giusti” attraverso i suoi occhi di bambino,
  • il modello operativo interno originale e problematico, potrà essere sostituito da un modello relazionale nuovo, positivo, centrato sull’attaccamento sicuro.

Questo approccio è in linea e integra i principi e le implicazioni della teoria polivagale, del riconsolidamento della memoria e delle Psicoterapie relazionali orientate al corpo.

Quando è utile la terapia EMDR?

La terapia EMDR

La terapia EMDR è un approccio terapeutico per il trattamento del trauma.

Secondo il modello di elaborazione adattiva dell’informazione, che guida l’approccio EMDR, i sintomi presentati dal cliente hanno origine da esperienze dolorose che vengono immagazzinate, in modo maladattivo, nel cervello, senza che siano state pienamente elaborate e integrate all’interno della rete più ampia della memoria (Shapiro, 1995, 2001, 2018).

La terapia EMDR è un metodo suddiviso in otto fasi che implica l’elaborazione dei ricordi del passato all’origine dei problemi manifestati nel presente, nonché dei trigger che attivano il cliente nel presente.

Questo metodo implica, inoltre, la creazione di un modello futuro di comportamento adattivo.

L’EMDR può essere utilizzata non soltanto per trattare i traumi più gravi, ma anche per trattare quei ricordi onnipresenti “apparentemente piccoli” ma piuttosto impattanti (per es. lo sguardo arrabbiato di una madre, la richiesta di aiuto ignorata da un padre).

Questi ricordi sono alla base di svariate credenze negative: “non sono abbastanza”, “non merito di essere amato/a”, “sono impotente” o “non sono al sicuro” sono soltanto alcuni esempi.

Il trauma (l’abuso o la trascuratezza subìto/a) non è l’unico aspetto da trattare: anche l’attaccamento traumatico nei confronti della figura abusante deve essere adeguatamente trattato.

L’EMDR può essere utilizzata sia per il trattamento dell’attaccamento traumatico.

L’attaccamento disorganizzato ha luogo quando il caregiver è sia una fonte di sicurezza che di terrore; questa forma di attaccamento è all’origine del trauma complesso e dei disturbi dissociativi (Brown and Elliot, 2018).